Se la toponomastica è lo studio dei nomi dei luoghi (perché Roma si chiama così, Milano e perfino la norvegese Å), l’odonomastica è la stessa cosa applicata alle vie e alle strade di una città.
Di solito l’odonomastica è connessa strettamente alla storia del luogo, sia nazionale che locale: l’Italia è piena di vie e piazze intitolate a Garibaldi, Cavour, ai vari Caduti, al Risorgimento. Ogni paesino ha poi le proprie icone, personaggi che hanno fatto la storia locale e per questo si sono guadagnati una targa affissa a memoria imperitura.
Molto dipende dal tipo di amministrazione che un Comune ha. Nei luoghi natii di chi vi scrive ci sono due vie intitolate a Ho Chi Min e a Che Guevara, per esempio.
Può capitare di fare alla svelta e numerare le strade come hanno fatto a Manhattan, dove dopo Houston St. (si pronuncia hàuston, aspirando la a iniziale, e non iùston, come per la città texana) hanno cominciato dalla 1st street fino alla 220ª sulla stessa isola, prima del fiume Harlem e poi ancora fino alla 263ª nel Bronx, continuando verso nord.
A Berlino esiste una parte di città a nord ovest – nel sobborgo di Wedding – che riporta i nomi dei paesi africani colonizzati dall’Impero Tedesco fino alla fine della Prima Guerra Mondiale: Togostrasse, Transvaalstrasse (Il Transvaal è una provincia del Sudafrica), Kameruner Str. E proprio per confermare il fatto che l’odonomastica segua gli orientamenti politici delle amministrazioni comunali, è probabile che molti uffici postali debbano cambiare gli stradari.
C’è uno studio gustoso e particolare che hanno fatto all’Università di Roma 2 – Tor Vergata (onomalab.uniroma2.it è l’indirizzo, ma ve lo diciamo: non carica): glottologi, linguisti, dialettologi hanno censito a tappeto lo stradario degli 8100 comuni italiani e hanno fatto una classifica dei nomi di strada. Via Roma (appunto) la troviamo in 7870 città (tranne che a Roma), e a completare il podio Garibaldi (5472 comuni) e Marconi (4842 vie intitolate).
Ah, a Roma non c’è la Via Roma, se ve lo state chiedendo.
Gli hanno chiesto: “Vuoi fare anche tu ‘Malati di Geografia’?”, e non ha avuto esitazioni.
Inoltre, da bambino organizzava fantomatici mondiali di calcio dove partecipavano le nazionali di Tonga e Isole Marshall, imparandone i colori delle rispettive bandiere.