Che ci fa un cubano in Guyana? Quello che sembra l’inizio di una barzelletta da Malati di Geografia in realtà è un aspetto spesso poco conosciuto della condizione di isolamento che, da quasi sessant’anni, L’Avana affronta con il resto del mondo.
L’embargo che gli Stati Uniti d’America esercitano su Cuba, dopo le aperture di Barack Obama e le massicce restrizioni a opera di Donald Trump, tra i vari aspetti pone una serie di limitazioni, o pressioni indirette, nella libera circolazione di beni e persone. Questo fa sì che siano molto pochi i Paesi in cui, per le persone con cittadinanza cubana, è più facile circolare oppure ottenere un visto. La maggior parte di questi non è collegata a Cuba con voli diretti, rendendo quindi gli accordi difficilmente applicabili.
Perché questo? Da alcuni anni a questa parte, per il timore che i cubani potessero allontanarsi dagli aeroporti di scalo (specialmente in Europa e Nordamerica) e dunque fuggire dalla madrepatria, sono state poste restrizioni al punto in cui, praticamente, o si prendono voli diretti o niente.
Ferma restando la lista dei Paesi (visibile qui) restano due opzioni: la Russia e, appunto, la Guyana. Voli diretti per Mosca ci sono, ma un cubano si chiede: cosa vado a fare in Russia se è freddo e la vita costa carissima per lo stipendio percepito?
Allora resta l’opzione due: la Guyana appunto. Stato del Sudamerica da meno di 800mila abitanti, di lingua inglese, alla destra del Venezuela (con il quale esiste una storica disputa sui confini).
Per la Guyana non ci sono voli diretti da Cuba. Si deve per forza fare scalo a Panamá, dove però si può transitare. Ci sono accordi bilaterali del 2017 tra i due Paesi che permettono infatti di allentare le maglie legate alle restrizioni migratorie.
Ecco dunque che sulla rotta della Copa Airlines L’Avana-Panamá-Georgetown, capitale della Guyana, i cubani possono sognare l’uscita dalla propria isola senza andare contro la legge. Non costa poco, ma si può fare.
Cuba e la Guyana hanno relazioni internazionali ormai datate, dal 1972. Incontri ci sono stati anche nel 2018 e il presidente guyanese, David Granger, ha annunciato di ricambiare la visita.
Relazioni internazionali a parte, torniamo alla domanda di partenza: che ci fa un cubano in Guyana?
Turismo? Poco probabile per tanti motivi: mancanza di soldi, di interessi (la Guyana sarà sicuramente bellissima, ma poco nota nel panorama vacanziero mainstream), lingue diverse (spagnolo versus inglese). “Alle 5 del pomeriggio in Guyana ci sta di chiudersi in casa perché ti derubano di tutto, almeno Cuba è sicura”, così l’opinione di un tassista de L’Avana che, per primo, mi ha raccontato questa storia.
Il perché ha due risposte. La prima riguarda i beni di consumo. Essendo quello cubano un mercato chiuso, si possono trovare in vendita pochi articoli, scelta limitata e prezzi alti per gli standard locali. L’occasione per uscire dal Paese per accedere al mercato globale permette l’acquisto di beni a prezzi inferiori i quali, portati a Cuba tra i bagagli, possono essere immessi di nuovo sul mercato interno a un costo di favore, addirittura più basso. Un articolo sul Nuovo Herald racconta questo frangente e le immagini scattate da Doreen Hemlock parlano da sole.
In secondo luogo arriva il sogno americano. Dal 1 aprile infatti gli USA hanno deciso di processare le richieste di visto dei cittadini cubani dalla propria ambasciata a Georgetown. Una scelta che ha fatto discutere, motivata dall’amministrazione Trump proprio per i collegamenti che ci sono tra Cuba e Guyana. In precedenza, infatti, queste pratiche venivano eseguite a Bogotà, capitale della Colombia.
Ecco dunque che quello che sembrava l’inizio di una barzelletta diventa invece un aspetto, poco conosciuto, della vita di Cuba sotto l’embargo.
Giornalista, classe 83, da sempre appassionato di geografia. Si divide tra l’Emilia e la Toscana, tra la cronaca e il marketing, tra il lavoro e le sue passioni. Ha fatto il direttore di giornale web, scritto su quotidiani cartacei, lavorato in tv e radio, ma pensa che le sfide non siano ancora terminate. Malati di Geografia è l’ennesima, grande, avventura editoriale.